
Riprendo a scrivere qui sul blog con un incontro speciale, quello con Veronica, ideatrice del brand di abiti da sposo su misura Linnèo.
Nel suo atelier nel cuore di Brescia si respira energia e creatività pura. Insieme al suo meraviglioso team Veronica mi ha accolto con la sua grazia ed eleganza e, dopo un buon caffè, mi ha mostrato le fasi di progettazione di un abito, spiegandomi l’importanza del su misura e dell’artigianalità che sta dietro al suo brand .
La cura, dedizione e ricerca costante di tessuti unici ed originali hanno resto Linnèo una realtà unica e consolidata sul territorio italiano.
Mi racconteresti in breve la tua storia? Come nato il tuo progetto e perchè hai scelto il mondo del matrimonio?
La mia storia parte da studi scientifici, poi artistici, e si inoltra nel dietro le quinte del Teatro alla Scala dove lavorai alcuni anni, grande punto di formazione personale. Mi innamorai dell’adrenalina del palco e del saper fare artigianale in stretto contatto con la creatività di costumisti e scenografi. Studiai alta sartoria maschile affiancando il lavoro di sarti e, tramite esperienze di internship all’interno di aziende leader nel settore dell’abbigliamento maschile, capii il desiderio di integrare un po’ di leggerezza a tutto quello che avevo acquisito, creare una piccola fetta di mercato chic e senza impegno. Così nacque Linnèo, una sintesi di qualità nella sua intera filiera (tessuto, disegno, modello, taglio, confezione) e di ricerca artistica. Cerchiamo tessuti visitando i laboratori tradizionali in Giappone, coinvolgiamo nel nostro entourage artisti di credito internazionale, decoriamo, dipingiamo, ci divertiamo. Dico “noi” perché Linnèo è un entourage di collaboratori: Daniele, Carlo, Gianluca, Massimiliano, Maria e Giulia.
Siamo entrati nel “mondo del matrimonio” dalla porta laterale, semplicemente si sono avvicinati a noi uomini con l’esigenza di vestire per come si sentissero, un po’ fuori dagli schemi. Ora abbiamo sviluppato un servizio su misura rodato, che si appoggia a capaci fornitori (Napoli, Biella, Como, Torino, Fukuoka) e si avvale di ottimi collaboratori.






























Un libro bello e significativo che ti ha cambiato la vita?
Devo scomodare Cesare Pavese con Dialoghi con Leucò, quando lo lessi da ragazzina per me si aprì un universo inesplorato.
Spesso si dice che il “lavoro” che immaginiamo da bambini contenga parte del nostro futuro. Che cosa sognavi di diventare da bambina?
Da bambina desideravo disegnare; scoprii il termine “fumettista” e iniziai a leggere moltissimo e a scrivere storie a puntate insieme ad una mia grande amica, Luisa, su un semplice quaderno a righe. Arrivai persino a disegnare fumetti per i giornalini scolastici! Ora studio lingua giapponese da un po’ di anni (non si finisce mai) e leggo ancora qualche manga!
Dove trovi ispirazione?
Nei musei d’arte per lo più; come disse il mio docente di storia dell’arte: non è una questione di libri, ma di chilometri nei corridoi dei grandi e piccoli musei.

























